Cosa sono A.S.p.I. e Mini A.S.p.I.?

E’ facile, cioè sembra facile.

L’acronimo significa: Assicurazione Sociale per l’Impiego.

Diciamo che stavolta il nome aiuta, anche se avrebbe dovuto chiamarsi “assicurazione che il cittadino è obbligato a pagare e che gli serve in caso di dis-impiego”. Lo so. Troppo lungo, e poco efficace.

Fino al 31.12 .2012 c’erano l’indennità di disoccupazione e la Mobilità. Dal 01.01.2013 ci sono ASpI, Mini ASpI e Mobilità.

Per te che sei disoccupato dal 2012 (e quindi percepisci l’indennità di disoccupazione) non cambia nulla: ti tieni quello che hai, finché dura.

Per te che sei disoccupato dal 2013 vediamo come funziona.

Fondamentalmente l’ASpI è il nuovo nome della Indennità di disoccupazione e la norma che lo introduce prevede una serie di modifiche automatiche dal 2013 al 2016 quando entrerà a regime, o meglio, dovrebbe entrare a regime, visto che è sempre possibile una modifica…

Così dice l’INPS: “è un’indennità disoccupazione che spetta a tutti i lavoratori dipendenti che, dal 1° gennaio 2013, abbiano perduto involontariamente la propria occupazione di natura subordinata, ivi compresi, apprendisti, personale artistico subordinato, soci lavoratori di cooperativa, dipendenti a tempo determinato della Pubblica Amministrazione con inclusione dei lavoratori precari della scuola, lavoratori che hanno cessato il lavoro per dimissioni avvenute durante il periodo tutelato di maternità (da 300 giorni prima della data presunta del parto fino al compimento del primo anno di vita del figlio) o nei casi stabiliti dalla legge per giusta causa e risoluzione consensuale del rapporto di lavoro”.

Bene, fin qui non cambia molto con la “vecchia” Indennità di disoccupazione.

I requisiti per accedere all’ASpI sono:

  • aver perso il lavoro involontariamente (ti hanno licenziato, l’azienda ha chiuso, etc.);
  • almeno 2 anni di assicurazione e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio della disoccupazione (nella tua busta paga c’era una trattenuta relativa a questa assicurazione perciò se lavoravi da almeno due anni hai diritto all’ASpI);
  • essere iscritto al Centro per l’impiego;

La Mini ASpI è naturalmente, a livello di definizione, la stessa cosa della ASpI solo cambiano alcuni requisiti di accesso:

– perdita del lavoro involontaria (come sopra);

– il requisito dell’anzianità contributiva non è richiesto (quello dei due anni);

– devi poter far valere almeno 13 settimane di contribuzione da lavoro nei dodici mesi precedenti la disoccupazione.

Quanto dura?

L’ASpI

Qui viene il bello perché la norma prevede già dei cambiamenti dal 2013 al 2016:

  • nel 2013: 8 mesi fino a 49 anni di età e 12 mesi dai 50 anni;
  • nel 2014: 8 mesi fino a 49 anni, 12 mesi dai 50 ai 54 anni e 14 mesi dai 55 anni di età;
  • nel 2015: 10 mesi fino a 49 anni, 12 mesi dai 50 ai 54 anni e 16 mesi dai 55 anni di età;
  • dal 2016: 12 mesi fino a 54 anni di età e 18 mesi dai 55 anni.

La Mini ASpI invece spetta per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione: ad es. se nell’ultimo hanno hai versato contributi per 20 settimane, ti spettano 10 settimane di Mini ASpI.

Quanto prendo? Il criterio vale sia per ASpI sia Mini ASpI

Porta pazienza, è un casino. Cerco di farla breve:

  • Se l’imponibile  ai fini previdenziali degli ultimi due anni era inferiore o uguale a 1.180€ ti spetta il 75% annualmente rivalutato su base ISTAT;
  • se il tuo stipendio lordo era superiore ai 1.180€ al mese ti spetta il 75% di quell’importo più il 25% della differenza tra quello che prendevi e i 1.180€. Questo importo non è soggetto a rivalutazione.

In ogni caso l’indennità non può superare il massimale mensile stabilito dalla legge.

All’indennità così calcolata si applica una riduzione del 15% dopo 6 mesi e una ulteriore riduzione dopo il dodicesimo mese.

Nel caso fossi stato poco chiare ecco cosa riporta l’INPS:

“L‘indennità mensile è rapportata alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi due anni, ed è pari al:

75% della retribuzione mensile nei casi in cui tale retribuzione sia pari o inferiore ad un importo stabilito (pari per l’anno 2013 a 1.180 euro) e annualmente rivalutato sulla base della variazione annuale dell’indice ISTAT;

Nei casi in cui la retribuzione mensile sia superiore al predetto importo l’indennità pari al 75% dell’importo incrementato di una somma pari al 25% del differenziale tra la retribuzione mensile e il predetto importo. 

L’importo così determinato non è soggetto a rivalutazione annua.

In ogni caso, l’indennità non può superare un massimale mensile stabilito dalla legge.

All’indennità mensile si applica una riduzione del 15% dopo i primi 6 mesi di fruizione e un ulteriore riduzione del 15% dopo il 12° mese di fruizione.

La domanda

Va presentata all’INPS per via telematica entro 2 mesi (es. 15 gennaio-15 marzo) dalla data di inizio del periodo indennizzabile. Il termine è a pena di decadenza.

Il periodo indennizzabile comincia l’ottavo giorno successivo al licenziamento o alla cessazione del rapporto di lavoro.

Se presenti la domanda entro 8 giorni dal licenziamento l’indennità ti verrà corrisposta a partire dall’ottavo giorno (dopo il licenziamento).

Se presenti la domanda dopo che sono trascorsi otto giorni dal licenziamento l’indennità ti verrà corrisposta a partire dal giorno successivo alla presentazione della domanda.

Non ti illudere!  Non è che presenti la domanda e il giorno dopo ti danno i soldi!Dalla presentazione della richiesta all’INPS ci vogliono all’incirca 60 giorni prima che l’INPS risponda: è una sorta di “tempo tecnico” entro il quale viene esaminata la pratica e deliberata l’erogazione della indennità.

Trascorso questo tempo comincerai a percepire l’indennità in modo retroattivo: cioè ti pagheranno tenendo conto della data di presentazione della richiesta. Con la prima rata ti verranno liquidati anche i mesi precedenti.

In sostanza non è facile ma nemmeno troppo difficile. Se hai capito la differenza tra ASpI e Mini ASpI (che è solo relativa alla durata) e hai capito quanto ti spetta e per quanto tempo e come fare, allora, forse, mi sono spiegato. Altrimenti lascia un commento.

Adesso che l’azienda per cui lavoravo è fallita cosa faccio?

Anzitutto calma.

La procedura concorsuale ha i suoi tempi e anche quello che possiamo fare ha delle modalità e delle tempistiche che non è possibile aggirare. Inutile affannarsi. Molto dipende anche dalla velocità con cui il curatore e i suoi consulenti provvederanno a preparare lo “stato passivo”.

In genere il curatore non ha alcun interesse a tirare per le lunghe.

Da ricordare: i crediti da lavoro dipendente godono del privilegio ai sensi dell’art. 2751 bis del codice civile. Questo significa che se dalla vendita dei beni dell’azienda si ricavano dei soldi, questi verranno usati prima di tutto per pagare i dipendenti e gli altri privilegiati (privilegiati in senso giuridico, e non di favore, ovviamente).

Attenzione: per rimediare alle lungaggini giudiziarie c’è la possibilità di chiedere all’INPS l’intervento del Fondo di Garanzia: questo anticipa le somme dovute per TFR e crediti da lavoro diversi dal TFR e poi l’INPS si sostituisce al lavoratore nella procedura per recuperare i soldi. Lo spiegherò in un altro post anche perché questa domanda è possibile solo dopo essere stati ammessi allo stato passivo.

Ecco cosa si può fare:

1-  Iscriversi nelle liste di Mobilità presso il Centro per l’Impiego della Provincia di residenza (condizione necessaria per ottenere qualunque indennità);

2-Domandare all’INPS l’indennità di disoccupazione o mobilità (a seconda dei casi);

3- Appena arriva la lettera del curatore registrarsi nel portale fallimenti;

4- Depositare l’istanza di ammissione al passivo del fallimento;

5- Richiedere all’INPS  l’intervento del Fondo di Garanzia per il pagamento del TFR, dei crediti da lavoro dei tre mesi precedenti il fallimento e per l’eventuale pagamento del fondo pensione complementare.

Quanto sopra va bene per tutti. In più, per i casi in cui vi siano particolari esigenze o pretese da parte del lavoratore dipendente è bene rivolgersi ad un avvocato esperto in materia di diritto del Lavoro per la valutazione del caso concreto. Ricorda, se ti mancano uno stipendio e il TFR non sei un caso particolare.

I sindacati e i patronati possono essere d’aiuto, ma ricorda che non lavorano gratis e per le pratiche legali anche loro si rivolgono ad un avvocato che va pagato. Da te. Sotto forma, magari, di una percentuale sul ricavato: di fatto un patto quota lite che un Avvocato non potrebbe mai sottoscrivere. Un sindacato invece si.

Un consiglio che hanno dato anche a me e che si sta rivelando utile è quello di rimanere uniti il più possibile tra dipendenti. Fare le cose assieme allevia un po’ il peso della situazione, ci si confronta e si fa squadra, come quando si lavorava assieme. Inoltre sai con chi hai a che fare perché li conosci da tempo. In più, ma questo lo dico facendo l’occhiolino, il curatore fallimentare valuta di buon grado l’affiatamento dei dipendenti e magari dà qualche dritta sottobanco. Anche perché se i dipendenti sono uniti non creano problemi, quindi la procedura si velocizza. Non so se mi spiego. Non sottovalutare questo aspetto.